venerdì 10 febbraio 2012

Consumismo ed infelicità

   Il consumismo, strettamente legato alla globalizzazione, al punto di esserne in un qualche modo il padre, è un altro fenomeno autodistruttivo della nostra civiltà. Il concetto stesso di consumismo  è folle. L'idea di creare la necessità di un oggetto per poterlo vendere, in modo da produrre ricchezza che consente di soddisfare le proprie necessità, create a loro volta per consentire la vendita di oggetti in modo da produrre ricchezza ecc. ecc. ecc. è ovviamente ricorsiva e fine a sé stessa, ma:
  1. La nostra economia si basa su di essa;
  2. L'uomo, incapace ormai di trovare, in questa società, la stima di sé stesso e l'appagamento del suo desiderio di “essere” a causa dei modelli impossibili nella quotidianità dai media, diventa ipersensibile ai messaggi della pubblicità. 
Avere, dunque, come palliativo dell'essere quando l'essere diventa impossibile.

  Il consumismo, oltre ad essere incentivato dalla “infelicità” degli uomini, ne è una delle principali cause. Infatti la spinta consumistica, che è per sua stessa natura superiore alle capacità produttive in modo da esaurirle completamente, mantiene gli uomini in uno stato di perenne insoddisfazione delle aspettative. Se a questo aggiungiamo che, proprio a causa delle necessità produttive legate al consumismo stesso, l'uomo si allontana dalla condizione di minimo sforzo necessaria al raggiungimento della autorealizzazione, il gioco è fatto.
   Il consumismo è la causa principale dei problemi di non sostenibilità(1) che affliggono l'attuale società. La necessità di produrre sempre di più ad un costo sempre minore spinge ad uno spreco indiscriminato di risorse non rinnovabili. Inoltre, e questo rasenta il limite della follia, il consumismo è esteso all'industria delle armi. Fabbricare armi sempre più nuove e sofisticate, in una escalation che prevede la vendita delle armi di precedenti generazioni ai paesi in via di sviluppo, è una delle più lucrose attività industriali, specie perché vendendo le armi di precedente generazione ai paesi emergenti, si costringono gli altri a comprare quelle delle generazioni successive. A questo si aggiunge il fatto che, dato l'enorme margine di profitto legato alla vendita delle armi, c'è sempre il capitale necessario per ottenere spinte politiche al loro acquisto ed al loro uso. Così assistiamo, ad esempio, all'impiego ingiustificato di costosissimi proiettili di uranio impoverito che, oltre ad aver causato la morte per cancro di moltissimi soldati e civili, consentono all'industria bellica di guadagnare anche sullo smaltimento delle scorie nucleari.

(1)  Ed il più grande conquistò nazione dopo nazione, / e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione / perché più in là non si poteva conquistare niente: / e tanta strada per vedere un sole disperato, / e sempre uguale e sempre come quando era partito

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