domenica 12 febbraio 2012

Storia di una gatta molto cattiva

   Che la Lina fosse una gatta, malgrado la stazza, era abbastanza ovvio per via del manto tricolore. Che fosse cattiva, invece, non lo si capiva subito ma... in realtà, quando sono entrato per la prima volta in casa di quella che sarebbe diventata mia moglie, la Lina mi venne presentata come un gatto cattivo e lei, per non smentire la cosa, prese a girarmi attorno con fare minaccioso, ringhiando sottovoce, tentando di intimorirmi. Io, però, non ho paura degli animali. Sono molto più bestia di loro e poi, date le circostanze, ero troppo innervosito dal dover fare conoscenza con i genitori della mia ragazza, per preoccuparmi di un gatto. Così, con me, la Lina dovette patire l'enorme umiliazione, per una bestia egocentrica come lei, di, non solo non essere temuta, ma non essere neppure considerata.
   Dopo qualche giorno vengo invitato a cena a casa della mia ragazza. Saluti, un omaggio per la padrona di casa, complimenti vari e poi a tavola. Chiedo dove si trova il bagno, per potermi lavare le mani. "L'ultima porta a sinistra in fondo al corridoio" è la risposta. Il corridoio era lungo, non molto largo e debolmente illuminato  dalla luce che filtrava dal tinello e dal soggiorno, all'estremo opposto. Non mi sembrava necessario accendere altre luci, e così, mentre mi stavo dirigendo nella penombra verso il bagno, da quello che sembrava un soprammobile posto sopra ad un termosifone, parte una zampata fulminea, che mi colpisce ad un braccio. Ora, io sono buono, amo gli animali, non sono d'indole violenta, ma non tollero che mi si faccia del male. "Do ut des", come dicevano i latini: rispondo alla zampata con uno sberlone che coglie il gatto completamente inaspettato, detronizzandolo dal termosifone e scaraventandolo nel buio di una camera da letto. Incidente, per me, chiuso, mi lavo le mani, vado a tavola e mi dimentico della cosa.
   Dopo una settimana, la scena si ripete quasi identica. Non me ne preoccupo molto, anche se mi domando se riuscirò mai a fare amicizia con un gatto schizzato come quello ma, la Lina, per altri quindici giorni resta in disparte, "non belligerante", ed io mi illudo che la cosa sia finita. Mi illudo soltanto, però. Per la Lina non esistono mezze misure, nel suo piccolo cervellino c'è posto solo per due sentimenti, amore o odio e, nel mio caso specifico, non ci sono dubbi, è odio. L'attacco giunge,come sempre, violento ed inaspettato, ma l'esito non è diverso: io con una spalla insanguinata, la Lina scaraventata sotto al letto. Poi, altrettanto inaspettato, il cambiamento. Leccate le rispettive ferite, le mie vere, quelle della Lina puramente virtuali, scocca la scintilla. Da quel giorno, fino a quello della sua morte, la Lina mi ha scelto per "amico, o forse solo accettato come inevitabile alter ego di mia moglie. Quello che è certo è che, quando entravo in casa e modulavo il "fischio della Lina", lei accorreva, saltando su un mobile giusto all'altezza della mia faccia, per darmi l'immancabile "testatina" di benvenuto, e che non perdeva occasione per manifestarmi in tutti i modi la sua amicizia.
   Persino la "mission impossible" di pettinarla era ormai affidata a me, l'unica persona da cui, sia pure ringhiando e soffiando, accettava questa tortura, ed il fatto che, con gli estranei, fosse il solito gatto sclerotico e cattivo, aumentava, se possibile, il piacere di quel rapporto speciale che c'era fra noi.
   Curioso il fatto che fosse estremamente gelosa, oltre che egocentrica. Non potevamo ignorarla a lungo, io e mia moglie, senza provocare una qualche reazione che andava dal tentativo di giocare portandoci un elastico (Lina era un gatto da riporto), al dispetto. In questo Lina era formidabile, i suoi dispetti seguivano una escalation che partiva dal mettersi sul televisore con la coda a penzoloni davanti allo schermo, cosa che a noi non dava più fastidio di tanto in qanto il televisore era soltanto la scusa ufficiale per stare abbracciati, fino al ribaltamento di tutti i dischi ed i CD che, uno per volta, finivano a terra. Tuttavia bastava parlarle, senza neanche doverla accarezzare, lanciarle un giochino o magari anche solo guardarla, per soddisfare il suo ego e tranquillizzarla.
   Lina, di tutti i gatti con i quali ho avuto un rapporto stretto, è stata sicuramente la prima della quale posso dire con certezza che distinguesse il suo nome dalle sillabe e non dalla cadenza. Il suo nome, anche pronunciato da un estraneo, la faceva immediatamente girare mentre un nome simile come, ad esempio Pina, o Mina, non provocava nessuna reazione. In seguito ho notato la stessa cosa in Pixel, il quale riesce a distinguere un vocabolario di diverse parole, ma Lina è stata la prima gatta di mia conoscenza a contraddire con i fatti quella che sarebbe l'opinione di svariati etologi stimati. A questo proposito ho il sospetto che i gatti siano animali dotati più di magia che di intelligenza, e che certe cose le operino solo per amore e non per assecondare la sterile curiosità di un ricercatore.
   Voglio dire,conoscete un animale più indolente di un gatto? Avete presente quei test di intelligenza con i quali si misurano il numero di azioni sequenziali che un soggetto è in grado di apprendere per arrivare al cibo? Non faccio fatica ad immaginarmi il gatto che guarda il ricercatore infilare un topino nel labirinto, con tanto di sportellini che si aprono e si chiudono in concomitanza delle luci colorate e così via e, nel frattempo, si pone la fatidica domanda: "chissà se questo scemo vestito di bianco riuscirà a capire che deve darmi da mangiare quando sbadiglio e non quando premo il pulsante".
   Comunque, al di là dei test degli etologi, sei stata una grande gatta, Lina: bella, intelligente e fiera. Sono certo che, se ci reincontreremo in una altra vita, sarà sicuramente un bel match.

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