giovedì 5 aprile 2012

riciclare o riusare

Il simbolo del riciclo
   Una quarantina d'anni fa, quando ero bambino, a Bologna capitava spesso di vedere dei vecchietti in bicicletta, con degli scatoloni di cartone accuratamente smontati  e ripiegati legati sul portapacchi. Erano i "cartonai", pensionati che, per avere qualche lira in più in tasca e potersi togliere qualche sfizio, arrotondavano raccogliendo carta e cartone e portandolo al macero. Ricordo che, allora, quando qualcuno abbandonava un televisore o una radio di fianco ad un bidone della spazzatura, subito arrivava un qualche vecchietto che, in pochi minuti, smontava i trasformatori ed il giogo di deflessione per recuperarne il rame. Anche quando si lasciava una lavatrice o un
frigorifero, del resto, la cosa andava in modo analogo solo che, in questo caso, i vecchietti coinvolti erano almeno due, visto il peso dell'oggetto in questione.
   In quell'epoca, del resto, sulle nostre colline non c'era ancora la raccolta dei rifiuti, e ci si arrangiava con il letamaio del contadino (ottimo per tutto quello che era in un qualche modo organico), una buca per seppellire i metalli e la "masera" dove buttare il vetro. La plastica si bruciava, perché a quei tempi la diossina non era ancora balzata agli onori della cronaca, in vecchi bidoni da combustibile nei quali si ricavava una finestra per l'areazione. Del resto, c'è da dire che, all'epoca, di plastica non ne girava poi tanta.
Raccolta oli alimentari
   Oggi, gestendo i rifiuti in modo intelligente, si potrebbe produrre denaro e, a differenza di quanto succedeva allora, senza produrre diossina o altre molecole pericolose, basterebbe che tutti entrassero nell'ottica di selezionare accuratamente i rifiuti prima di gettarli. Del resto si fa presto a fare due conti: la carta da macero mista vale circa venti euro per tonnellata ma quando è selezionata, separando la patinata, il cartone e la carta da giornale, ne vale circa quarantacinque. Non tanto, è vero, ma a sufficienza per pagare in toto le spese di raccolta con un piccolo utile. Se poi pensiamo al prezzo del gasolio per autotrazione e consideriamo che i grassi vegetali ed animali esausti possono ancora essere utilizzati per la produzione di biodisel con un rendimento abbastanza elevato,  dovremmo renderci conto facilmente del fatto che i nostri rifiuti valgono denaro e che se la gesatione è corretta non ha senso parlare di "costi" di smaltimento e sarebbe meglio dire "utili" di smaltimento. Il problema, in questo caso, spesso stà nel fatto che chi gestisce i rifiuti non è in grado di farlo nel modo migliore ma che i comuni si guardano bene dal dare questo compito in appalto a chi potrebbe farlo guadagnandoci (mafia o stupidità? a posteri l'ardua sentenza).
Riutilizzo creativo di bottiglie in vetro
   Anche il vetro, se raccolto con cura, magari differenziando quello colorato da quello trasparente, produce più denaro di quanto costi raccoglierlo, e persino i rifiuti metallici. Quando buttiamo un vecchio elettrodomestico, ad esempio, dovremmo tenere presente che il rame vale circa mezzo euro al chilo (in realtà, se non fosse smaltato o ricoperto di altri isolanti, varrebbe molto di più, circa sei euro al chilo, ma non esistono processi casalinghi non inquinanti per privarlo dell'isolante), e lo stesso dicasi per l'ottone o per l'alluminio delle lattine. Anche il ferro, del resto, ha un valore. Lo sanno bene i nostri nonni che, quando cambiavano l'auto, si vedevano dare una cinquantina di migliaia di lire dal rottamaio, che potevano diventare anche cento nel caso la vettura avesse la testata in lega. Oggi, dal rottamaio, ci chiedono dei soldi per prendersi la macchina ma, state tranquilli, non ci rimettono proprio. Pensate del resto che anche la batteria della macchina è fatta in massima parte di piombo e che può essere riciclata con profitto.
   Per la plastica, il discorso sarebbe lungo e complesso. Certo, la si può riciclare, ma ha senso? Se noi togliamo la plastica dall'indifferenziato e questo finisce, come capita a Bologna, nell'inceneritore, dobbiamo tener presente che, in mancanza di un rifiuto combustibile, viene iniettato gasolio per alzare la temperatura delle fasi finali di combustione sopra la fatidica soglia dei 700 °C ed evitare la formazione di diossina.  Questo, se i rifiuti contengono abbastanza plastica, non avviene. A Bologna, quindi, mi sentirei di dire, ma sono dispostissimo a discuterne, che il riciclo della plastica è pura demagogia. In città dove l'indifferenziato finisce in discarica, invece, è ovvio che la plastica andrebbe separata. Teniamo però presente che dalle materie plastiche, per pirolisi, è possibile estrarre un olio minerale combustibile che, tutto sommato, forse ha un valore maggiore sia economicamente che in termini di risorse della plastica riciclate che, in fondo, è pur sempre un prodotto di scarsa utilizzabilità. Le obiezioni circa la produzione di diossina verrebbero a cadere con impianti operanti in atmosfera priva di ossigeno.
Impianto digestore di Merano
   Più semplice, invece, il discorso relativo all'organico. L'organico, infatti, se trattato correttamente si presta a produrre combustibile e concimi. Peccato, però, che per fare questo servano i digestori: ingombranti, brutti e, specialmente, terribilmente puzzolenti, impianti insomma che nessuno vorrebbe vicino a casa. Inoltre il concime prodotto dal compostaggio o dalla digestione dai rifiuti misti non è certo adatto per la coltivazione dei gerani e viene utilizzato tipicamente solo in coltivazioni industriali fortemente automatizzate. Sarebbe più pregiato se prodotto da soli cascami vegetali, ma immaginatevi un sacco di concime che contenga, oltre al fertilizzante, le schifezze più immonde come pezzi di osso, di plastica, e di vetro, e capirete immediatamente perché venga utilizzato solo per coltivazioni automatizzate. C'è però da dire che la pirolisi potrebbe, anche in questo caso, essere d'aiuto. Ricerche in questo senso sono in corso sia in Francia che in Germania, e la tecnologia sembra promettente.
   Insomma, riciclare correttamente, oltre che richiedere un lavoro di selezione, svolto a monte e molto accurato, non è poi così semplice. Ci vogliono impegno, cultura e volontà politica. Impegno da parte di tutti, cultura da parte degli utenti finali del servizio, in modo da scegliere con saggezza e rifiutare gli atteggiamenti demagogici tipici delle amministrazioni comunali, volontà politica perché, malgrado tutto, senza una ben precisa presa di posizione delle giunte e dello stato, volta a penalizzare l'indifferenziato ed a premiare il riciclo, non si giungerà mai a capo di nulla. Basti pensare che ci sono migliaia di persone (mafia e camorra comprese) che guadagnano sull'attuale sistema di raccolta dei rifiuti e che le aziende produttrici di prodotti di consumo non sono obbligate per legge all'uso di imballi riciclabili, per rendersi conto che ci vorrebbero provvedimenti antipopolari per raggiungere un risultato. Non per niente i comuni del Trentino Alto Adige sono i più avanti in questo settore. Là, oltre alla mentalità rigida delle persone che, in questo caso, aiuta, non hanno criminalità organizzata e, specialmente, vivendo in massima parte di turismo, hanno ben chiaro che se tutti fanno le cose per bene, se aria ed acqua restano pulite, se si raccolgono le cartacce invece di abbattere gli alberi, è un guadagno per tutti.
   Certo che, permettiamoci per un attimo di sognare, se i bidoni del pattume fossero intelligenti ed accettassero solo sacchi chiusi e da persone che si sono identificate con un badge, in modo da far pagare le tasse di smaltimento in base all'effettivo consumo, e se tutto ciò che ha un effettivo valore potenziale si dovesse consegnare in centri di raccolta appositi dove, sempre con l'apposito badge, ci venisse riconosciuta la consegna del materiale, in modo da detrarre l'utile prodotto dal suo riciclo dai costi di smaltimento del differenziato, probabilmente riciclare diventerebbe più normale. In fin dei conti se c'è una cosa che la maggior parte delle persone capisce benissimo è proprio la logica del denaro. Perchè questo potesse funzionare, però, sarebbe indispensabile che la gestione fosse trasparente, che la vendita del materiale da riciclare avvenisse per aste pubbliche e che il prezzo di base fosse stabilito a livello statale. Che non venisse impiegato, per queste attività, più personale del necessario e che, ma questo è proprio un sogno, il suddetto personale venisse preso per mobilità da altri ruoli meno "utili" nell'ambito delle pubbliche amministrazioni.

   Il video precedente, girato in Germania, mette in evidenza come sia possibile gestire i rifiuti di vetro e plastica in modo automatizzato riconoscendo a chi differenzia un piccolo valore commerciale. Insomma, se riciclato in modo corretto, il rifiuto vale ancora del denaro. Questo è vero, ovviamente, anche per il rifiuto metallico e cartaceo e, in particolare, per le lattine di alluminio, materiale costoso e facilmente riciclabile che però, in Italia, sembra essere trattato alla stregua degli altri metalli.
Distributore di vino sfuso in un supermercato
   Tuttavia al di là del riciclaggio dei rifiuti, doveroso ed indispensabile, ma che non risolve il problema al cento per cento, è un altro il punto che volevo sottolineare, quello del non produrre rifiuti inutili. Se compro una bottiglia di vino e, dopo averla bevuta, la butto, è ovvio, non riciclo un bel niente. L'energia usata per produrre la bottiglia e le materie prime sono perse. Se, dopo essermi goduto il contenuto, vado a mettere la bottiglia nella campana, recupero le materie prime, però perdo l'energia necessaria alla rifusione e quella necessaria a trasportare il vetro alla fonderia. Se la bottiglia la rendo al venditore, e se questo è attrezzato per il reso, recupero le materie prime ed il costo energetico di fusione, ma non quello di trasporto né quello del lavaggio e della sterilizzazione, e si tratta pur sempre di costi grossi. Se, invece, il vino lo compro sfuso, lo metto nelle mie bottiglie che, dopo averlo bevuto, mi limito a sciacquare con acqua, dal momento che sono mie e che so perfettamente cosa hanno contenuto, allora tolgo quasi tutti i costi ambientali. Rimangono l'uso di un po' d'acqua e, magari, di un po' di detersivo per piatti, ma nient'altro.
Distributore di detersivo in un supermercato
   Lo stesso si può dire per i detersivi, solo che in questo caso il contenitore non c'è neanche il bisogno di sciacquarlo, o per il latte, o per la frutta e la verdura. Cerchiamo di riciclare gli imballi, di riutilizzarli in modo da non immetterli nel giro dei rifiuti. Evitiamo i prodotti con imballi ridondanti e organizziamoci per gestire quelli sfusi. Se compriamo la frutta dal contadino, andiamoci con le nostre cassette. Se non ne abbiamo, facciamocene dare dal fruttivendolo sotto casa che, in linea di principio, sarà ben lieto di liberarsi di qualcosa che altrimenti dovrebbe portare nel bidone. Compriamoci una lavastoviglie piuttosto che usare i piatti di plastica, evitiamo di usare apparecchi a batterie e, quando non possiamo farne a meno, prendiamo in considerazione quelle ricaricabili. Cambiamo auto solo quando la vecchia è giunta a fine vita e smettiamo di giudicare la gente in funzione dell'età della loro auto, con la speranza che loro facciano lo stesso con noi che, miracolo insperato, lo status symbol delle prossime generazioni non sia l'atomobile, il telefonino o il palmare ma la tranquillità, il tempo per noi stessi e, magari, la cultura.
   Compriamo solo roba di qualità, durevole ed affidabile, e ripariamola o facciamola riparare quando si guasta invece di sostituirla. Evitiamo di buttare via le cose che non ci servono o che vorremmo sostituire, portiamole invece in un mercatino dell'usato o, se la cosa ci disturba per un qualsiasi motivo, regaliamole ad un ente di beneficenza di quelli che poi organizzano i mercatini. Specialmente evitiamo, in linea di principio, di comprare cose che non ci servono veramente.
   Un'altro punto sul quale possiamo agire, è quello di rifiutare, per principio, di acquistare cose prodotte o vendute da aziende che si fanno pubblicità con volantini. Ma come, siamo nel 2012, abbiamo il PC, internet, la posta elettronica, il televisore, la radio e il telefonino e ci devono propinare i comunicati commerciali su carta? Ok, carta riciclata, e allora? Forse perchè è ricilata non ha impatto ambientale? Ed il combustibile usato per trasportarla, quello non è uno spreco?
   Insomma, pensiamo ogni volta che compriamo qualcosa, anche a quanto di quello che paghiamo serve per acquistare il prodotto, e quanto per acquistare una confezione accattivante, o il meccanismo pubblicitario nbascosto dietro al prodotto stesso, e regoliamoci di conseguenza. Agendo in questo modo non ci limiteremo a riciclare una parte dei  nostri rifiuti ma limiteremo il quantitativo di rifiuti prodotti, colpendo il male all'origine, prima che abbia la possibilità di fare danno. Ed ora, vi lascio con un piccolo compito per casa: provate a riflettere sui rifiuti fognari. E' possibile produrre denaro ricilando merda? La risposta nei prossimi post.

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