martedì 31 luglio 2012

Le imposte sul tassato

   Che in Italia la pressione fiscale sia ben oltre il 50% è cosa ormai tristemente nota. Questo significa che, per ogni euro che produco, me ne metto in tasca meno di mezzo e questo sarebbe già grave, specie se si pensa che il punto ottimo di tassazione, quello cioè in cui l'introito dello stato è massimo in quanto tassando meno si incassa meno e tassando di più la gente trova più conveniente lavorare meno o evadere, è stato calcolato intorno al 35%(1), ma non basta. 
   Facciamo i conti in tasca ad un lavoratore che viva con 1000 euro di stipendio e ad un
altro che viva con uno stipendio di 2500.  Entrambi dovranno mettere la benzina nella macchina, pagare il bollo e l'assicurazione, le spese di riscaldamento e l'energia elettrica ed il telefono. Tutte queste voci sono tassate circa al 50% e costano circa, fra una cosa e l'altra, 250 euro al mese, dei quali 125 vanno come già detto allo stato. Ci sono poi gli acquisti (cibo, abiti e così via). Diciamo che ci vogliano altri 500 euro al mese, e che su queste voci si paga l'I.V.A., che è al 21%.(2), cioè altri 100 euro. Lo stato, quindi, incassa sotto queste voci altri 225 euro, e sono stato scarso. Questo significa che questa tassazione indiretta influisce come un 22,5% sullo stipendio di chi guadagna 1000 euro e come un 9% sullo stipendio di chi ne guadagna 2500.
   Certo, chi guadagna 2500 euro, probabilmente, spenderà più denaro in benzina, cibo e telefono ed acquisti vari, il che tenderà a perequare un po' la situazione, ma quanto? Possibile che spenda 2,5 volte tanto? Ho molti dubbi in proposito, chi guadagna 1000 euro al mese non ha risparmi, al limiti ha dei debiti, chi ne guadagna 2500 presumibilmente qualche risparmio ce l'ha. Ergo, la tassazione indiretta tende ad essere iniqua. Tende ad essere iniqua perché, colpendo per definizione la ricchezza nel momento in cui essa viene consumata, colpisce maggiormente chi è costretto a consumare tutta la ricchezza prodotta per poter sopravvivere rispetto a chi può permettersi un risparmio, colpisce maggiormente chi ha una famiglia numerosa rispetto a chi non ha parenti a carico e così via.
   Ma qual'è il reale motivo delle imposte indirette? Non sono un fiscalista, intendiamoci, ma ho il sospetto che non ci sia un motivo vero per preferire le une sulle altre. Le imposte indirette hanno il vantaggio, dal punto di vista dello stato, di essere spalmate nella quotidianità dei cittadini, rendendo difficile da parte di questi la percezione della loro entità reale. Cioè, con le imposte indirette è più facile che i contribuenti non si ribellino.
   Tuttavia, per chi ancora non se ne fosse accorto, siamo nel 2012, ed i computer sono stati inventati già da un bel po'. Perché mai lo stato, mi domando io, non si assume una volta per tutte le sue responsabilità e non crea un programma di gestione contabile gratuito ed obbligatorio per tutti coloro che hanno una attività o, meglio ancora, perché non crea un sito dove, in tempo reale, ogni attività possa registrare ingressi ed uscite, emettere fatture e bolle, scaricare il diario del registratore di cassa e così via? Non sarebbe complesso e renderebbe sostanzialmente impossibile l'evasione. Controllo in tempo reale, fine delle fatture false, dei numeri di protocollo riservati da usare solo in caso di controlli, delle bolle stracciate a consegna effettuata e così via, fine del costo (consistente per i lavoratori autonomi) del commercialista, fine dell'evasione. Controllo di congruenza automatizzato fra i conti delle aziende e le fatture, controllo di congruenza automatizzato fra gli incassi dei commercianti, le fatture dei loro fornitori ed i loro movimenti bancari. Rilevamento in tempo reale delle evasioni e loro contestazione nell'anno fiscale. Fine della pratica, usata da molti extracomunitari che nel nostro paese risultano nullatenenti, di lavorare indisturbati per 4 o 5 anni senza pagare le tasse senza che nessuno se ne accorga, mandando nel frattempo i loro redditi all'estero dove, con quattro anni di lavoro duro non tassato in Italia, accumulano un gruzzolo sufficiente a vivere come un pascià per una decina d'anni o per avviare una nuova attività.
   Meglio ancora sarebbe se questa informatizzazione fiscale avvenisse a livello europeo. In fin dei conti l'Europa unita deve rappresentare solo un costo o anche un vantaggio? Molti trucchi usati dagli evasori basati sui ritardi di comunicazione fra i singoli stati diventerebbero inutilizzabili, ed il risparmio in termini di personale preposto ai controlli, informatizzando il tutto, diventerebbe veramente considerevole.
   Ecco, su queste cose i vari premier dovrebbero accordarsi, ma ci sono cose che non si possono fare. Nessuno di loro, a partire dalla Merkel per arrivare a Monti, è un uomo libero. Tutti servono gli interessi dei loro padroni, quelli che li hanno messi lì, e guai a cambiare le cose in loro sfavore. Il problema, se ci pensate, è semplice: in questo mondo imperfetto, dove la gente vota chi più gli promette attraverso i media, dove i sindacati non rappresentano le persone ma interessi politici, chi è che vince le elezioni? Chi ha veramente il potere di far eleggere il suo uomo? I potenti e le multinazionali, quelli che muovono il denaro i giornali e le televisioni, che governano Confindustria ed i sindacati, o gli uomini comuni, quelli che in realtà pagano il conto alla fine del mese? Credo che la risposta sia ovvia. Ecco, allora, che se i nostri governanti sono gli uomini di paglia di chi guadagna da un sistema fiscale iniquo, le cose non potranno mai cambiare.
   Ed è per questo, detto per inciso, che Monti, uomo delle banche e delle multinazionali ma non dell'Italia, ha pensato bene di rafforzare le imposte indirette, alzando addirittura l'I.V.A. e colpendo con questo proprio i consumatori finali. Una legge contro le multinazionali della distribuzione, invece, che riescono sistematicamente non solo a pagare meno tasse di chiunque altro, ma a pagarle in massima parte all'estero, quella no, quella non si poteva fare.

Laffer e la sua curva
(1) Diceva Laffer, un noto economista americano, "Esiste un certo livello di pressione fiscale ottimale per le casse dello stato. Se tale livello viene superato le entrate totali scendono per l’effetto depressivo delle imposte stesse". Laffer poneva, negli anni 80 e per gli U.S.A, questo ottimo al 50% anche se, in realtà, in quel paese la pressione fiscale è nettamente minore e si colloca intorno al 30%. Quello che però spesso ci si dimentica di notare, nella frase di Laffer, è il fatto che sta parlando del bene delle casse dello stato, non del bene del paese, e questi due non sono necessariamente coincidenti nel lungo termine.

(2) Su alcuni generi alimentari l'I.V.A. è minore, addirittura il 4% sul pane, ma se fate il conto di quanti generi comprate con queste aliquote basse scoprirete che rappresentano una parte irrilevante del totale. Come si suole dire, l'uomo non vive di solo pane.

2 commenti:

  1. una teoria scarabocchiata su un foglio di carta. Jopseph Stiglitz

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    1. Ti riferisci a Laffer? In effetti la sua curva è stata definita in quel modo, ma non è la sua curva che sto sostenendo, che è a mio parere assolutamente arbitraria. Il fatto che ci sia un limite oltre al quale la tassazione ha un effetto contrario è ovvio, il fatto che in Italia questo limite si sia superato di un pezzo mi appare evidente.
      Ciao, Paolo.

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